Si sono radunati in 160 Paesi per decidere sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente. I dati forniti dall’Ipcc, la rete degli scienziati riuniti dall’Onu, sono evidenti: la temperatura media sulla Terra aumenta, in parallelo all’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili.
Lo scioglimento dei ghiacci, la crescita del livello del mare e la frequenza di fenomeni climatici estremi (piogge torrenziali o siccità) confermano il cambiamento in corso. Le conseguenze riguardano l’ambiente, ma anche la salute, l’agricoltura, l’edilizia, l’economia e le migrazioni.
A seconda delle scelte che verranno adottate per contenere le emissioni di gas a effetto serra, l’aumento delle temperature per i prossimi 50 anni sarà tra i 2 e i 4 gradi.
Era il 1997. La Conferenza sul clima di Kyoto, da cui venne l’omonimo Protocollo, aveva a disposizione informazioni analoghe a quelle di oggi.
Cos’è cambiato? E’ cresciuta la consapevolezza sociale sul tema: quelle che diciassette anni fa venivano descritte da alcuni come tesi ambientaliste, sono oggi fatte proprie dalla quasi totalità degli Stati, dalla maggioranza assoluta degli scienziati e da buona parte delle persone informate.
Il trattato di Kyoto prevedeva una riduzione della produzione umana di gas a effetto serra del 5% rispetto ai livelli del 1990. Ma è stata adottato solo da alcuni Paesi industrializzati, soprattutto dell’Unione Europea. Oggi, la Conferenza sul clima di Parigi ha la sfida di raggiungere accordi vincolanti per tutti gli Stati, in particolare quelli molto industrializzati e inquinanti come Cina, India e Stati uniti, ma anche di garantire ai Paesi più arretrati degli aiuti per adottare tecnologie pulite.
Gli interessi in gioco sono enormi, e l’ecosistema terrestre non è sempre tra i primi. In questi giorni in cui si scrive la storia, tuttavia, altre storie drammatiche e urgenti – il terrorismo, le migrazioni e i cambiamenti economici – rischiano di dettare diverse priorità e di indebolire decisioni attese da diciassette anni. Sia chiaro: non si parla di fermare il cambiamento climatico, perché è già avvenuto. Si tratta di ridurre la sua intensità a 2°C, in caso di accordi efficaci, rispetto ai 5°- 6° in più senza di essi.
Ma cosa facciamo noi? In ogni casa e in tutti i Comuni, non serve aspettare le decisioni dell’Onu. Il clima è una questione di stile di vita, riguarda le persone; la produzione e i consumi sono legati alle scelte delle imprese; l’energia, l’edilizia, i trasporti e l’uso del suolo, infine, possono essere governati anche a livello locale.
Per questo, i Comuni e le Regioni hanno a disposizione esempi di produzione da energie rinnovabili, e progetti per elaborare piani urbanistici e di gestione del territorio adatti all’aumento di temperatura previsto. Sono scelte vincenti, perché sono le uniche sostenibili.
Clima e rigenerazione urbana è stato il tema dell‘incontro organizzato da Legambiente sabato 5 dicembre alle ore 10.00 presso l’Istituto Leardi di Casale Monferrato.
Legambiente Casale Monferrato