
È più che mai necessario in un momento così critico aprire una discussione al nostro interno sul ruolo dell’ambientalismo come soggetto del cambiamento senza mai perdere di vista qual è il compito del volontariato proprio della nostra associazione.
Ci sono oggi molti interventi sui mezzi di informazione che mettono in evidenza la crisi del sistema che ha in qualche modo provocato, con lo stravolgimento degli ecosistemi, la pandemia planetaria… Sta anche a noi individuare e proporre le risposte che non possono evidentemente essere quelle che ci hanno condotto alla drammatica situazione attuale.
Chi intende intervenire con le proprie riflessioni, con domande, con richieste di approfondimento, lo faccia inviando una mail all’indirizzo info@legambientecasale.it
NUOVI INTERVENTI [in ordine dal più recente al meno recente]
8] Intervento di Paolo
Mi interessa particolarmente l’analisi sul biometano. Ho letto la relazione ma non ho rilevato dove sono in Italia e in Europa i siti di produzione. Secondo me sarebbe bene implementare la relazione con un elenco così da avere una specifica visiva e informativa diretta.
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7] Intervento di Corrado
Assunta propone una iniziativa di informazione nelle scuole che è quella che io e lei avevamo proposto ai presidi ( prima del lockdown) ricevendo disponibilità.
L’informazione ai cittadini sull’argomento in questione è stata peraltro raccomandata dal Consiglio Europeo e dall’Istituto Superiore di Sanità. Non mi pare di intravvedere, se Legambiente la sostenesse , un conflitto rispetto alle finalità dell ‘ Associazione.
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6] Intervento di Enrico
Pienamente d’accordo, come, immagino, tutti quanti noi, con Assunta sul principio di precauzione e sulla necessità di una corretta e diffusa informazione.
Per quanto riguarda la CO2 rimane il fatto che quella liberata dalla combustione dei vegetali entra in un ciclo naturale che non ne libera di nuova, casomai ne impedisce, nei tempi lunghi della natura, lo stoccaggio sotto forma di combustibili fossili, mentre quella da combustibili fossili ne aumenta la quota netta circolante. Impedire che questo si verifichi è attualmente l’obiettivo primario irrinunciabile. Certo meglio sarebbe trovare fonti energetiche del tutto pulite sufficienti a soddisfare i bisogni della specie umana la cui continua e inarrestabile espansione rappresenta il vero nocciolo della questione ambientale.
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5] Intervento di Assunta
Ringrazio Valentino, Enrico e Vittorio per le considerazioni sul biometano, argomento sul quale sono piuttosto ignorante. A proposito del 5G invece, dove sono più documentata, vorrei aggiungere alcune considerazioni.
Negli ultimi mesi, quando si dibatteva se riaprire o meno le diverse attività durante l’epidemia di coronavirus, spesso voci autorevoli anche di governo hanno detto ‘la salute prima di tutto’. Quando come Afeva facciamo interventi pubblici, parliamo sempre della necessità di un ‘nuovo modello di sviluppo, che metta al primo posto la salute e la tutela dell’ambiente’. Sembrerebbe ovvio quindi che la scala di valori dell’attuale modello di sviluppo sia ben diversa. Eppure si continua ad accettare che ‘lo sviluppo’ sia positivo di per sé, posizione, a mio parere, fideistica e irrazionale.
Sentir dire, a proposito delle ordinanze dei Sindaci che vietano il 5G, ‘basandosi solo sul principio di precauzione’ mi disturba non poco, perché questo principio mi sembra basilare e non contrattabile! Vorrei che prima della diffusione del 5G ci fosse una sperimentazione seria e indipendente sui possibili effetti negativi di un’innovazione tecnologica così pervasiva e onnipresente, così come si fa rispetto a un nuovo farmaco. Tornare indietro una volta verificati danni a livello epidemiologico sarebbe pressoché impossibile.
Per promuovere un approfondimento, per sollecitare un dibattito, per chiedere una ricerca scientifica indipendente, insieme a Bruna Casati, Odile Nazard e Mirella Ruo, abbiamo promosso il Comitato STOP-5G di Casale. Chi fosse interessato può aderire presso la libreria Labirinto.
Al di là delle divergenze di vedute sul tema, mi piacerebbe molto discutere insieme in Legambiente della possibilità di attuare iniziative di informazione, rivolte a studenti e docenti, su come minimizzare l’esposizione alle onde elettromagnetiche in casa e a scuola. Mi sembra importante e dovrebbe trovarci tutti d’accordo.
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4] Intervento di Vittorio
La discussione continua. Io mi limito a sottolineare che discutere di energia l’abbiamo sempre fatto, fin dalla nascita della nostra associazione. Anche le parole “transizione” e “modello di sviluppo” dovrebbero rientrare nel nostro lessico. Credo che la prima necessità sia il superamento della logica “estrattivista” (combustibili fossili e minerali rari). Non credo che parlare di queste cose sia da considerare come faccenda tecno-istutizionale. Piuttosto voglia dire affrontare questioni di politica energetica. Tanto più che forze politiche che si occupino di questo aspetto cruciale, all’orizzonte proprio non se ne vedono
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3] Intervento di Valentino
Una ulteriore precisazione tecnica: anche la combustione di biometano immette nell’atmosfera, così come il metano fossile, CO2 tutta insieme; poi, ma solo con i tempi lunghi della natura sarà catturata da nuovi vegetali.
Quindi nell’immediato aumenta il totale di gas serra presente nell’atmosfera (senza contare che è esso stesso un potente gas serra).
Ma il punto non è questo, ché il biometano è indiscutibilmente preferibile a quello fossile per tutte le valide ragioni che ben conosciamo e dobbiamo continuare a diffondere.
Tuttavia la questione fondamentale continua a essere rimossa dall’ambientalismo tecnico-istituzionale: “e poi cosa ne facciamo di tutta questa energia?”
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2] Intervento di Enrico
Solo una precisazione tecnica. E’ vero che il biometano, così come la combustione delle biomasse, libera CO2 come i combustibili fossili, con la differenza che la CO2 dei primi fa parte di un ciclo normale (vegetali che si degradano e che saranno sostituiti da altri vegetali in grado di assorbire la CO2 liberata) mentre la CO2 dei combustibili fossi lì è immagazzinata in depositi da cui viene liberata in atmosfera andando ad aumentare la quantità netta di CO2.
L’utilizzo di biomasse non aumenta quindi la quantità di CO2 circolante. Il problema piuttosto è legato all’immissione in circolo di sostanze cancerogene legate alla combustione. problema risolvibile con utilizzo di adeguati filtri disponibili anche per utilizzo domestico.
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1] Qualche considerazione (personale) di un iscritto a Legambiente. [23/06/2020 – autore Valentino]
Ho letto gli ultimi documenti di Legambiente su 5G e biometano e mi confermo nel sospetto, già da me più volte argomentato, circa l’esaurimento della spinta movimentista dell’associazione a fronte del compiacimento di essere consultati da un potere che cerca di razionalizzare le sue irrisolvibili contraddizioni con una pennellata di verde.
Infatti nei documenti di Legambiente non c’è traccia di messa in discussione dell’ideologia della crescita composta e illimitata, quella cioè che tendenzialmente sta conducendo la specie umana alla catastrofe sociale e alla sesta estinzione di massa.
Così prosegue – parrebbe incontrastata dall’assenza evidente di un dibattito interno sull’argomento – la resa alla logica sviluppista mainstream; essa si può cogliere anche nel proclama apodittico per cui «un’ordinanza sindacale che escluda categoricamente l’installazione di antenne 5G sul territorio comunale, basandosi solo sul richiamo del principio di precauzione, è un atto velleitario (sic!) e giuridicamente vulnerabile» perché «come da DNA associativo, il nostro compito deve essere quello di fornire ai cittadini ed amministrazioni informazioni scientifiche corrette e proposte tecnicamente e giuridicamente percorribili».
Eppure quante volte abbiamo sostenuto che il principio inderogabile al quale sempre si deve ricorrere quando si introduce nell’ambiente qualcosa di prima inesistente è quello di precauzione e che esso è ben altro da «i regolamenti comunali per minimizzare l’esposizione».
La minimizzazione è cosa ben diversa dell’esclusione di un danno probabile o possibile e sarebbe come dire che un po’ di amianto nell’ambiente si potrebbe in fondo accettare se tecnologicamente si minimizza il rischio.
Sembrerebbe quindi che i cittadini si debbano fidare a scatola chiusa delle posizioni tecnicistiche di contenimento del rischio che è invece accettato, per via del progresso ecc. ecc., dai dirigenti e dai tecnici di Legambiente (loro che sanno!).
Con tanti saluti alla sempre e giustamente invocata democrazia partecipativa, anche all’interno dell’associazione.
Poco c’è infine da dire sulla questione del biometano che brucia secondo la stessa modalità di quello fossile: CH4 + 2O2 → CO2+ 2H2O.
Spero, anzi confido, che, una volta o l’altra, se ne parli “localmente e globalmente”.
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ARCHIVIO INTERVENTI MENO RECENTI
1] Un tentativo per promuovere un dibattito di Valentino F.
2] Lettura proposta da Paolo I.
Siamo in cura, non in guerra di Guido Dotti, Monaco di Bose
2.1] A proposito dell’articolo di Guido Dotti, monaco di Bose
Certo che non siamo in guerra! di Valentino F.
2.2] A proposito dell’articolo di Guido Dotti, monaco di Bose
Questa grave emergenza ci coglie impreparati di Bruno P.
3] La lettera di Legambiente ai Sindaci e lo smart working
3.1] Legambiente favorevole a un’universalizzazione progressiva del telelavoro? di Valentino F.
3.2] A proposito di telelavoro e ambientalismo critico di Enrico B.
3.3] Ancora sul telelavoro (ma non solo) di Valentino F.
3.4] A proposito di telelavoro e ambientalismo critico di S. M.
4] A proposito del webinar di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta di giovedì 23 aprile sulla questione amianto di Paolo I.
5] A proposito del webinar di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta di lunedì 27 aprile sulla questione 5 G di Assunta P.
5.1] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
5.2] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Stefano P.
5.3] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
5.4] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Assunta P.
5.5] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Corrado R.
5.6] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Vittorio G.
5.7] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Bruno P.
5.8] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Enrico B.
5.9] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
5.10] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Assunta P.
5.11] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
5.12] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Enrico B.
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1] Un tentativo per promuovere un dibattito di Valentino F.
Si è già detto che l’odierna emergenza (non solo) sanitaria evidenzia e amplifica le insanabili contraddizioni produttive, economiche, finanziarie, culturali… e, in ultima analisi, sociali che caratterizzano il tardo capitalismo. Di conseguenza essa contiene al proprio interno le possibili via di uscita, sia regressive (il ritorno alla normalità precedente che invece è proprio la causa principale della situazione odierna) sia progressive (sempre che riesca a prodursi e a imporsi una volontà in grado di realizzare la coscienza e la forza necessaria per il cambiamento radicale).
In questa prospettiva l’inaspettata condizione sopraggiunta sta spiazzando il potere e, forse proprio per questo, accelererà la messa a fuoco di tali soluzioni che, andandole a cercare, già da prima esistevano nelle cose ma che per lo più non erano prese in considerazione.
Si tratta cioè di tutte le scelte operative che oltrepassino in prospettiva il modello capitalistico di produzione abbandonando definitivamente la superstizione della crescita composta e illimitata e del valore soprattutto di scambio delle merci.
Esse però, per mettersi finalmente in moto, richiederanno un cambiamento radicale di prospettiva.
Innanzitutto si tratterà di (ri)trovare il collegamento inscindibile che interessa campi di intervento umano finora interpretati come sconnessi tra loro: quello economico, quello politico, quello sindacale, quello culturale, quello istituzionale… e anche quello ambientalista.
Nemmeno il pensiero ambientalista prevalente ha saputo sfuggire alla condizione postmoderna di frammentazione e, al pari degli altri, si è trincerato – o è stato relegato dal potere – in un ridotto in gran parte autoreferenziale.
Così si producono con competenza e passione analisi scientificamente corrette, dati incontrovertibili e previsioni attendibili sul presente e sul futuro del pianeta ma, mancando una forte visione politica interpretativa e propositiva, rimangono non indagate, non conosciute e non dette le cause prime dello stato presente della “cosa ecologica”.
Le soluzioni solo tecniche per scongiurare il suicidio della specie umana hanno oggettivamente il carattere di quello che Dario Paccino definiva “L’imbroglio ecologico” (Einaudi, Nuovo Politecnico, 1972) dal momento che il Capitale – il motore che comanda la società contemporanea – è perfettamente in grado sia di sussumere nella logica del profitto i rimedi proposti (oggi il Green New Deal) sia di mantenere inalterato il modello di produzione climalterante (oggi l’Economia Circolare), cioè di cambiare tutto perché tutto rimanga com’è.
L’attuale catastrofe* (non solo) sanitaria può essere l’occasione per accelerare la maturazione di un diverso paradigma ambientalistico; essa però ci richiede una radicale conversione. Così, accanto alla conferma e al rilancio dei valori emozionali ed etici, delle iniziative particolari, dei comportamenti virtuosi che fin qui hanno mosso – e devono continuare a farlo – il movimento ambientalista associativo, è ormai indispensabile che esso (ri)trovi un forte pensiero politico.
In altre parole deve nascere una nuova figura: l’“ambientalista intellettuale” che vada oltre alla dimensione astorica di sola denuncia e contrasto dei mille fenomeni di inquinamento e si radichi nel divenire sociale schierandosi decisamente nel conflitto.
Sarebbe questo il ritorno sulla strada da tempo smarrita per la mia generazione; per le generazioni successive – cresciute nella ossessiva e ingannevole ossessione dello “stare sul pezzo”- costituirebbe una novità assoluta da imparare a percorrere.
*intendo per catastrofe il crollo materiale di un precedente paradigma dominante.
P.S.: Su tali tesi, discutibilissime e che volutamente ho espresso in maniera estremizzata, incompleta e per alcuni aspetti anche ingenerosa, credo che potremmo e dovremmo confrontarci approfittando di questo tempo (apparentemente) sospeso. Si tratta però di trovare, come suggerito da Vittorio, gli strumenti e i modi comunicativi che ce lo consentano.
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2] Lettura proposta da Paolo I.
Siamo in cura, non in guerra di Guido Dotti, Monaco di Bose
29 marzo 2020 Per una nuova metafora del nostro oggi
No, non mi rassegno. Questa non è una guerra, noi non siamo in guerra.
Da quando la narrazione predominante della situazione italiana e mondiale di fronte alla pandemia ha assunto la terminologia della guerra – cioè da subito dopo il precipitare della situazione sanitaria in un determinato paese – cerco una metafora diversa che renda giustizia di quanto stiamo vivendo e soffrendo e che offra elementi di speranza e sentieri di senso per i giorni che ci attendono.
Il ricorso alla metafora bellica è stato evidenziato e criticato da alcuni commentatori, ma ha un fascino, un’immediatezza e un’efficacia che non è facile debellare (appunto). Ho letto con estremo interesse alcuni dei contributi – non numerosi, mi pare – apparsi in questi giorni: l’articolo di Daniele Cassandro (“Siamo in guerra! Il coronavirus e le sue metafore”) per Internazionale, la mini-inchiesta di Vita.it su “La viralità del linguaggio bellico”, l’intervento di Gianluca Briguglia nel suo blog su Il Post (“No, non è una guerra”) e l’ottimo lavoro di Marino Sinibaldi su Radio 3 che ha dedicato una puntata de “La lingua batte” proprio a questo tema, introducendo anche una possibile metafora alternativa: il “lessico della tenacia”. Le decine di artisti, studiosi, intellettuali, attori invitati a scegliere e illustrare una parola significativa in questo momento storico hanno fornito un preziosissimo vocabolario che spazia da “armonia” a “vicinanza”, ma fatico a trovarvi un termine che possa fungere anche da metafora per l’insieme della narrazione della realtà che ci troviamo a vivere.
Eppure, come dicevo da subito, non mi rassegno: non siamo in guerra!
Per storia personale, formazione e condizione di vita, conosco bene un crinale discriminante, quello tra lotta spirituale e guerra santa o giusta, lungo il quale è facile perdere l’equilibrio e cadere in una lettura di se stessi, delle proprie vicende e del corso della storia secondo il paradigma della guerra.
Ma allora, se non siamo in guerra, dove siamo? Siamo in cura!
Non solo i malati, ma il nostro pianeta, tutti noi non siamo in guerra ma siamo in cura. E la cura abbraccia – nonostante la distanza fisica che ci è attualmente richiesta – ogni aspetto della nostra esistenza, in questo tempo indeterminato della pandemia così come nel “dopo” che, proprio grazie alla cura, può già iniziare ora, anzi, è già iniziato.
Ora, sia la guerra che la cura hanno entrambe bisogno di alcune doti: forza (altra cosa dalla violenza), perspicacia, coraggio, risolutezza, tenacia anche… Poi però si nutrono di alimenti ben diversi. La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro… La cura invece si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza…
Per questo tutti noi possiamo essere artefici essenziali di questo aver cura dell’altro, del pianeta e di noi stessi con loro. Tutti, uomini e donne di ogni o di nessun credo, ciascuno per le sue capacità, competenze, principi ispiratori, forze fisiche e d’animo. Sono artefici di cura medici di base e ospedalieri, infermieri e personale paramedico, virologi e scienziati… Sono artefici di cura i governanti, gli amministratori pubblici, i servitori dello stato, della res publica e del bene comune… Sono artefici di cura i lavoratori e le lavoratrici nei servizi essenziali, gli psicologi, chi fa assistenza sociale, chi si impegna nelle organizzazioni di volontariato… Sono artefici di cura maestre e insegnanti, docenti e discenti, uomini e donne dell’arte e della cultura… Sono artefici di cura preti, vescovi e pastori, ministri dei vari culti e catechisti… Sono artefici di cura i genitori e i figli, gli amici del cuore e i vicini di casa… Sono artefici – e non solo oggetto – di cura i malati, i morenti, i più deboli, beni preziosi e fragili da “maneggiare con cura”, appunto: i poveri, i senza fissa dimora, gli immigrati e gli emarginati, i carcerati, le vittime delle violenze domestiche e delle guerre…
Per questo la consapevolezza di essere in cura – e non in guerra – è una condizione fondamentale anche per il “dopo”: il futuro sarà segnato da quanto saremo stati capaci di vivere in questi giorni più difficili, sarà determinato dalla nostra capacità di prevenzione e di cura, a cominciare dalla cura dell’unico pianeta che abbiamo a disposizione. Se sappiamo e sapremo essere custodi della terra, la terra stessa si prenderà cura di noi e custodirà le condizioni indispensabili per la nostra vita.
Le guerre finiscono – anche se poi riprendono non appena si ritrovano le risorse necessarie – la cura invece non finisce mai. Se infatti esistono malattie (per ora) inguaribili, non esistono né mai esisteranno persone incurabili.
Davvero, noi non siamo in guerra, siamo in cura!
Curiamoci insieme
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2.1] A proposito dell’articolo di Guido Dotti, monaco di Bose
Certo che non siamo in guerra! di Valentino F.
La guerra è quella cosa che a noi, per ora, è stata risparmiata ma che conosciamo dai racconti dei nostri genitori, dai libri e dalle immagini che ci giungono dai luoghi dove invece realmente c’è. La guerra è distruzione di case, è morti per le strade, è fame, è crudeltà, è stupri… La nostra condizione presente invece è incontrovertibilmente seria e gravida di conseguenze ma è un’altra cosa dalla guerra; bisognerà quindi trovare, e presto, parole diverse che siano adatte a descriverla com’è e a spiegarne il perché. Finora queste parole per lo più sono mancate; questo è un altro segno della povertà linguistica, quindi di pensiero e di azione, che caratterizza la nostra contemporaneità. Se infatti, di fronte alla realtà inedita e specifica di questa emergenza, non riusciamo a far altro che rifugiarci nell’immagine falsa e del tutto emotiva della guerra, non saremo certo in grado di elaborare un pensiero che vada oltre l’auspicio di Confindustria perché tutto torni come prima.
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2.2] A proposito dell’articolo di Guido Dotti, monaco di Bose
Questa grave emergenza ci coglie impreparati di Bruno P.
Hai ragione Valentino grazie. Purtroppo questa gravissima emergenza ci coglie impreparati (il mondo intero, ovviamente maggiormente i più poveri ma con la responsabilità dei più ricchi), impreparati anche nel dargli una definizione (breve ma non “guerra”) cioè coerente con le cause -dirette/indirette. Come tutti noi sappiamo, il problema è che con la “ricostruzione” corrisponda il risanamento delle cause che stanno aggravando le già insopportabili disparità sociali ed economiche e “massacrando” il pianeta. Ce l’abbiamo dura ma l’alternativa sarebbe come, grosso modo, già immaginiamo.
Buona Resistenza Attiva a tutti!
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3] La lettera di Legambiente ai Sindaci e lo smart working
Pubblichiamo il contributo di Valentino in merito ai contenuti (in particolare il lavoro a distanza) della Lettera ai Sindaci che abbiamo discusso nel direttivo allargato di ieri.
Questa riflessione crediamo possa stimolare un approfondimento di tematiche che sono e diventeranno sempre più, per diversi aspetti, importanti nel discorso pubblico.
Questo è un invito a intervenire nella discussione con idee, critiche, proposte, segnalazione di letture e documenti.
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3.1] Legambiente favorevole a un’universalizzazione progressiva del telelavoro? di Valentino F.
Mi trova del tutto d’accordo la giusta richiesta rivolta ai sindaci da Legambiente: «cari Sindaci, non vi limitate all’ordinario, non restituiteci le vecchie città». Tuttavia – ma resti tra noi – la considero un po’ frettolosa e un tantino arruffata; le ragioni le ho già espresse nella nostra tele conferenza ma non sono poi così importanti e quindi non le ripeterò per non annoiare ancora.
Mi preme invece cercare di decostruire il senso di lungo periodo che si nasconderebbe all’interno del quinto punto, quello sul telelavoro.
Il titolo, così come è espresso (Più smart working), indurrebbe a pensare che Legambiente sia favorevole a un’universalizzazione progressiva del telelavoro oltre il periodo di questa emergenza: esso sarebbe cioè da perseguire tutte le volte che sia tecnologicamente fattibile.
In altre parole l’attuale distanziamento tra i lavoratori non sarebbe solo epidemiologicamente opportuno perché rallenta la diffusione del virus e implicitamente virtuoso perché sancisce il primato del lavoratore sulla produzione; esso realizzerebbe anche una sorta di beneficio secondario della pandemia nella misura in cui affretterebbe una tendenza già in atto da anni e che acriticamente viene decantata come fattore di progresso umano (lavorare finalmente da casa!).
Cerco, per non farla troppo lunga, di riassumere per sommi capi i veleni che vedo nascosti nel telelavoro come modello di futuro desiderabile:
1) Impatto ambientale: il telelavoro non avviene per mezzo di innocua telepatia ma con l’utilizzazione di macchine pesantemente energivore ed elettromagneticamente perturbanti. Perché non tenerne conto?
2) Impatto sociale: Il telelavoro sconvolge lo storico compromesso tra lavoro salariato e capitale. Se il modello prevalente del lavoro salariato diventerà quello telematico progredirà ulteriormente la sussunzione dell’intera vita del lavoratore sotto il comando del capitale. Infatti sarà persa la ripartizione contrattuale sia del tempo di vita (8 ore di lavoro, 8 ore di riposo, 8 ore di vita liberata) sia del luogo di vita (la fabbrica o l’ufficio da una parte, la casa dall’altra).
3) Impatto politico e sindacale: Il telelavoro diffuso produrrà l’allontanamento fisico dei lavoratori tra di loro e ne ostacolerà ancor più di adesso l’occasione per sviluppare la coscienza e la solidarietà di classe. Difficilmente il lavoratore così atomizzato potrà organizzarsi in un improbabile tele-sindacato.
Perdonatemi quindi se concludo ancora una volta (repetita stufant!) con l’auspicio dell’avvento dell’ambientalista intellettuale, di quella figura cioè di militante ecologista che, mentre svolge le corrette analisi e propone pratiche puntuali alternative che allontanino l’incombente disastro ambientale, sia sempre e totalmente contemporaneo e conseguente alla complessità sociale, politica, antropologica del proprio tempo.
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3.2] A proposito di telelavoro e ambientalismo critico di Enrico B.
Dopo un lungo periodo di comuni vedute mi trovo nuovamente ad essere in disaccordo con Valentino contestando punto per punto le sue motivazioni di contrarietà al telelavoro
1) non credo che l’impatto ambientale dei server utilizzati per il telelavoro sia minimamente paragonabile a quello dello spostamento giornaliero di migliaia o più probabilmente milioni di mezzi di locomozione.
2) A parte il fatto che il telelavoro difficilmente sostituisce completamente il lavoro essendo comunque necessari momenti più o meno frequenti di presenza e confronto tra lavoratori, solitamente chi pratica il telelavoro si organizza con orari ben definiti proprio per evitare che non esista un distacco tra lavoro e vita privata. Ma ancor più importante, la suddivisione in otto ore di lavoro otto di riposo otto di vita libera, molte volte subisce una variante che suddivide le ore di vita libera in 8 – X ( dove x può arrivare a 3 / 4 ore o più) non solo nelle grandi città ma anche in piccole realtà come la nostra: basti pensare a chi proviene da paesi collinari o da altre città come non raramente avviene. Con un aggravio economico che per salari bassi può superare tranquillamente il 25% del totale.
3) Il timore di una perdita della sindacalizzazione già attualmente in crisi e’ certamente reale ma credo che proprio sulla pratica del telelavoro il sindacato possa mostrare la necessità della sua presenza innanzitutto con una consultazione degli interessati al fine di conoscerne le esigenze e di introdurre elementi di flessibilità che a queste esigenze si adattino e,forse ancor di più, per evitare che proprio a causa della convenienza economica del telelavoro per i lavoratori, qualche imprenditore non sia tentato di ridurre il salario a coloro che, accettando questa nuova modalità, determinano vantaggi economici anche alle aziende, facendo anche un servizio all’ambiente e quindi alla collettività. Infine, Premesso che ogni iniziativa di tutela ambientale ha un forte valore sociale intrinseco, ritengo che l’esplicito impegno sociale dell’ambientalismo italiano ne rappresenti un limite strategico. I suoi numeri evidenziano infatti come venga percepito come movimento politico di sinistra anziché, come avviene in altri paesi in cui i Verdi hanno percentuali ampiamente a due cifre, come un movimento semplicemente impegnato a migliorare la qualità dell’ambiente. Preferisco movimento ambientalista meno impegnato socialmente ma fortemente partecipato, che comunque svolgerebbe un ruolo sociale e di giustizia sociale fondamentale. Sappiamo bene infatti che un ambiente deteriorato con le conseguenti catastrofi incide in modo molto più forte sulle fasce sociali e sulle popolazioni più deboli.
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3.3] Ancora sul telelavoro (ma non solo) di Valentino F.
Avevo proposto il tema del telelavoro come argomento di discussione non tanto perché lo consideri il più importante tra i problemi socio- ambientali ma perché esso ha tutte le caratteristiche proprie di un paradigma pieno di significato nella complessità del tempo presente.
Motivo per cui ho considerato e considero tuttora discutibile – ma non discusso – l’entusiasmo acritico di Legambiente per le magnifiche sorti e progressive del telelavoro; i motivi li ho già argomentati e li confermo specialmente dopo la risposta un tantino sbrigativa del segretario regionale
Ho apprezzato invece molto il contro intervento di Enrico che non mi ha indotto a mutare significativamente (ma un po’ sì) idea e che trovo molto positivo soprattutto per la disponibilità implicita a discutere seriamente su questioni aperte come questa.
Perché l’alternativa è quella di accettare passivamente, cioè in maniera non partecipata, le direttive che ci piovono dall’alto e che non sempre sono del tutto condivisibili come non lo è l’ultima raffazzonata lettera ai sindaci.
Credo quindi alla necessità di dare maggior spessore intellettuale al nostro circolo elaborando una nostra originale presenza nell’associazione; tale obiettivo si può ottenere appunto dalla discussione approfondita su ciò che ora ci differenzia allo scopo di aggiustare successivamente le nostre posizioni iniziali per conquistarne di condivise.
Si tratta però di costruire gli strumenti adatti; uno potrebbe essere quello già proposto e che ripropongo: una bacheca virtuale che raccolga i nostri contributi e li conduca a sintesi senza perdersi tra le mille chiacchiere inconcludenti dei social.
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3.4] A proposito di telelavoro e ambientalismo critico di S. M.
Cosa significa partecipare a un’associazione ambientalista?
Per me le parole che riassumono il significato sono:
– sviluppo sostenibile
così come formulato dalle Nazioni Unite, e in particolare per la sostenibilità ambientale
– pensare globalmente e agire localmente
cercando di conoscere le dinamiche generali per leggerle a livello locale e
impegnarsi per cambiare qualcosa verso la tutela delle persone e dell’ambiente
– stili di vita
in primo luogo personali e sociali; la qualità della vita che cerchiamo riguarda ciascuno di noi, nei mille aspetti di muoverci, consumare, lavorare, costruire, ecc.
Servono tanti altri discorsi? Sì, certamente ma non credo che servano le discussioni ideologiche, con rispetto di chi le condivide, ma in cui non mi ritrovo.
Trovarsi con delle persone per uno scopo in comune, come può essere l’ambiente, o l’arte o lo sport, è fruttuoso quando assolve all’obiettivo stesso che ci si è dati: la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile e la ricerca di stili di vita che favoriscano la convivenza sociale e la rigenerazione delle risorse.
Penso che se si fa bene questo, si può aggiungere altro, ma viceversa è riduttivo.
Questioni politiche ed economiche hanno a che fare con tutto questo, ma non possono essere dominanti:
a mio parere esse vanno trattate in ambito politici ed economici (associazioni, partiti, circoli) che dichiaratamente hanno quello scopo.
mi rivolgo chiaramente a chi ama queste cose, con il rischio di entrare in polemica e mi scuso per questo.
Le questioni che coinvolgono un movimento dedicato al rapporto tra uomo e ambiente sono così tante, che sarebbe utile cominciare da quelle. Mi rendo conto del rischio riduzionistico di queste parole, come di tutte le posizioni prese alla lettera.
Vorrei che il piccolo circolo di Legambiente Casale, che è stato coltivato per anni da persone con umiltà e responsabilità e senza esagerare da una in particolare, trovasse nuove energie e direzioni;
sono convinto personalmente di lasciare questo piccolo impegno nei prossimi mesi, ma dico quest’opinione perché credo sia sentita anche da qualcun altro ma soprattutto perché l’azione di Legambiente si colloca nel mondo di oggi, con la difficoltà per ciascuno di essere un piccolo elemento di cambiamento.
Le riflessioni sono nate dagli interventi di Valentino, ma vorrebbero essere rivolte a tutti e non contro qualcosa.
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4] A proposito del webinar di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta di giovedì 23 aprile sulla questione amianto di Paolo I.
Ho seguito con attenzione gli interventi; mi sono parsi interessanti, ma per quello che ho rilevato, solo di informazione generale e di presa di coscienza fra persone già sensibili.
Se dobbiamo tornare a parlare di amianto, cosa che ritengo utile, bisognerebbe avere notizie più certe sulla situazione della ricerca contro il mesotelioma e capire come Legambiente può interagire per migliorare la situazione.
Impegnarci poi, con il nostro Comune e con la Regione per la bonifica anche attraverso forme di presenza sui media che, a seguito l’epidemia, può essere, nella disgrazia, un aiuto ad evidenziare i danni che una mancata bonifica per esempio delle scuole può arrecare danni alla salute dei giovani.
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5] A proposito del webinar di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta di giovedì 23 aprile sulla questione 5 G di Assunta P.
Vorrei esprimere le mie perplessità sui contenuti degli interventi relativi al 5G di lunedì 27 aprile.
Io ho avuto modo di conoscere la Dottoressa Belpoggi del Ramazzini di Bologna, e lei affermava cose diverse da quelle sostenute dalla relatrice Katiuscia Eroe.
L’esperimento in questione è assolutamente replicabile, perché perfettamente descritto.
E’ vero che l’esposizione a cui sono stati sottoposti i ratti è di 50 V/m, quasi 10 volte il limite massimo vigente in Italia, che ora è 6 V/m, ma non è stato detto che le compagnie di telecomunicazione chiedono per l’Italia l’innalzamento al limite di 61 V/m. Perché chiederlo, se il 5G non comportasse una maggior esposizione di tutta la popolazione?
La dottoressa Belpoggi sostiene:
“Utilizzare in maniera così massiccia e diffusa una nuova tecnologia sulla popolazione è rischioso. Fateci studiare gli effetti del 5G. Siamo in balia di un’industria che non ha investito un centesimo per la sicurezza dei propri prodotti e questo non si può fare. È illegale. In Europa è illegale. Prima di partire, la nuova tecnologia deve passare uno scrutinio sulla sicurezza”.
Prima della messa in commercio di un farmaco, si sperimentano gli effetti: perché non lo si dovrebbe fare rispetto ad una tecnologia che si coinvolge tutta la popolazione?
Tali studi dovrebbero essere compiuti da organismi indipendenti, non come succede in Regione Piemonte che individuerebbe in TIM il soggetto per monitorare popolazione e ambiente irradiati dal wireless di quinta generazione.
Io non sarei così convinta dalle affermazioni di Belpoggi se non fossero appoggiate esplicitamente anche da epidemiologi come Piero Comba, fino a luglio scorso Direttore di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, ora in pensione, di Benedetto Terracini, che tanto si è speso e si spende sull’inquinamento da amianto nel nostro territorio. Anche l’epidemiologo Corrado Magnani di Novara, durante un convegno sul 5G a Casale nel luglio 2017, esprimeva approvazione verso questa nuova tecnologia perché non esistevano ancora studi ‘in vivo’ che spingessero verso cautele particolari, ma sosteneva che se l’esperimento del Ramazzini avesse confermato i risultati che poi ha dato, sarebbe stato da prendere in considerazione, perché il primo così ampio su esseri viventi.
Per concludere, invio alle riflessioni contenute in questo articolo pubblicato recentemente:
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5.1] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
Preziose per la nostra associazione, e quindi da non lasciar cadere, sono le perplessità espresse ieri da Assunta.
Il punto centrale del suo intervento mi pare che sia il seguente: i dati sul 5G sono stati riportati dall’esperta e accolti dagli intervenuti come fatti neutri e indiscutibili; altre considerazioni erano invece possibili ma sono state ignorate (o sconosciute?) e alla nostra esperta ci si è affidati totalmente e acriticamente.
Eppure molti di noi sono ancora convinti del metodo irrinunciabile per cui ai tecnici ci si rivolge per la conoscenza scientifica ma non per la delega totale.
Il comportamento dei partecipanti intervenuti al webinar sul 5G – ma non solo questo – mi è sembrato perciò contraddire questa originaria premessa e mi fa temere l’involuzione di Legambiente verso una sorta di “ambientalismo tecnico” preoccupato nei fatti, anche se non nelle intenzioni, di dare una mano di verde all’esistente ma in modo che il potere lo consideri compatibile con l’ideologia della crescita illimitata.
Questo mio timore che, ahimè, mi pare sempre più fondato l’ho argomentato più volte sia a voce sia per iscritto (rimando perciò alla bacheca) e non mi ripeto; tuttavia sono disponibile a partecipare al suo approfondimento qualora e quando suscitasse un qualche interesse nel nostro circolo.
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5.2] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Stefano P.
Non avrei mai pensato che Legambiente potesse piegarsi al complottismo. Che triste fine.
Detto ciò, chiedo di essere eliminato da questa mailing list in quanto decisamente stufo di leggere stupidaggini scientifiche, basta.
Buona continuazione e attenzione ai rettiliani.
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5.3] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
Con la consueta ampiezza di vedute Assunta ha evidenziato il nucleo essenziale dei rischi collegati alla questione del 5G.
Queste criticità non sembrano invece del tutto chiare alla responsabile per l’energia di Legambiente che dunque, in tale veste, ufficializza la posizione, almeno quella prevalente, della nostra associazione.
Infatti, in risposta alle argomentate considerazioni di Assunta, la nostra Eroe produce uno scritto che rivela una sottostante ideologia discutibile e che vorrei appunto discutere.
Scrive dunque la nostra:
“Vero, verissimo [quindi Katiuscia Eroe riconosce che la verità è proprio quella riportata da Assunta].
Ma purtroppo [questo avverbio sembrerebbe la resa di un movimento che non può cambiare ma solo adattarsi allo stato delle cose presenti] la realtà [quindi c’è una realtà più reale di quella scientifica?] è diversa e lo sviluppo tecnologico [eccola qui dunque la realtà alla quale bisogna adeguarsi: lo sviluppo tecnologico d’abord!] è troppo più veloce della ricerca [è un bel problema questo; ma non sembra interessare alla Nostra].
Ma è vero anche [ancora un’altra verità?] che i temi aperti sul 5G sono gli stessi degli altri standard [e allora non sarà il caso di rivederli tutti?].
Quindi, rispettando questo criterio [eccolo finalmente esplicitato il criterio da rispettare], ad oggi dovremmo far a meno di tutti i sistemi di comunicazione senza filo [e perché no, almeno per molti di essi, dal momento che un diverso modello di sviluppo dovrà pur rifiutare la dismisura].
Considerando che questo è irrealizzabile [ma forse è più esatto dire che è contrario al modello di sviluppo tardo capitalistico che subiamo]e considerando anche le indicazioni scientifiche che una strada la danno (alte potenze lunghe esposizione [e qui non ho capito bene] ), la soluzione migliore rimane il principio di precauzione attraverso la minimizzazionedelle esposizioni” [quindi si tratterebbe solo di minimizzare il danno e non di prevenirlo; il principio di precauzione non dice questo! Fondamentale a questo proposito quello che ricorda Assunta circa il rischio di schwannomi e gliomi: si tratta di tumori (per adesso) rari e questo ricorda bene il già vissuto dalla nostra gente].
A questo punto sono costretto a sottolineare nuovamente che sta emergendo in Legambiente una forte tendenza (ma non è ovviamente l’unica) a una sorta di involuzione che abbandona la volontà politica di cambiamento reale per adeguarsi alla razionalizzazione solo tecnologica dell’esistente. Ma ovviamente sono pronto a ricredermi se mi sarà dimostrata l’inesistenza o la bontà di tale tecno-ambientalismo.
Per finire una considerazione vorrei farla anche sulle presunte utilità promesse dalla iper-extra-maxi… connessione; quelle che dovrebbero spingerci ad accettare di buon grado anche qualche effetto collaterale: ad esempio sulle magnifiche sorti della cosiddetta telemedicina.
Sarà proprio un gran progresso per l’intera umanità poter essere operati a Casale da un “più affermato” (in che senso?) chirurgo che maneggia uno joystick, magari da Houston?
Cosa ne sarebbe in questo caso della sanità diffusa democraticamente sui territori; della professionalità degli operatori sanitari ridotti così ad assistenti dequalificati che non sarebbero probabilmente in grado di gestire eventuali blackout o di rimediare a complicanze operatorie sempre possibili.
E che dire infine della concentrazione del sapere e del fare nelle mani di pochi esperti selezionati dal potere e quindi a esso soggetti?
Ma un discorso analogo si potrebbe svolgere anche sull’utilità reale delle auto senza guidatore.
Quand’è che ne parliamo?
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5.4] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Assunta P.
Ciao a tutti, mi stupisce questa risposta di Stefano a mio parere sopra le righe e spero che sia ancora nel gruppo per leggere la risposta. Non vedo cospirazioni, vedo interessi consistenti e, in presenza di studi che dovrebbero spingere alla cautela, mi piacerebbe veder applicato il principio di precauzione. So benissimo che a ogni novità ci sono stati gli entusiasti a prescindere e i diffidenti altrettanto a prescindere (ricordo di aver letto che un essere umano su un treno non avrebbe potuto reggere ad una velocità superiore a 35 km orari e altre amenità simili).Io non voglio appartenere a nessuna delle due categorie, e sarei felicissima di cambiare idea sul 5G, vorrei farlo però non per fede nel progresso, ma dopo studi rigorosi che tranquillizzino (studi che non ci sono stati). Sappiamo bene che il rischio ‘0’ nella vita non esiste, ma vorrei una sperimentazione seria prima della diffusione di una tecnologia che, una volta installata, sarebbe ben difficile eliminare.Sarà che sono stata scottata così duramente da quel materiale meraviglioso, innovativo, moderno che è l’amianto, ma non mi sento di fidarmi ‘a prescindere’. Sappiamo anche che la conoscenza delle conseguenze dell’amianto sulla salute è stata a lungo negata, nascosta, ridimensionata, e lo è tuttora in molti paesi.
Aggiungo qui due considerazioni tratte da un’intervista del Monferrato nel dicembre 2019 all’epidemiologo prof. Terracini, che aveva criticato le conclusioni rassicuranti dell’Istituto Superiore di Sanità sul tema dell’esposizione alle radiofrequenze.
Il rapporto sostiene che nell’insieme gli studi sperimentali su animali non mostrano evidenza di effetti cancerogeni dell’esposizione a RF, né effetti di promozione della cancerogenesi dovuta ad altri agenti chimici o fisici. Condivide questa tesi?
No, non la condivido. Due serie di studi su ratti, una negli Stati Uniti e una all’Istituto Ramazzini di Bologna, hanno dimostrato che l’esposizione a radiofrequenze causa un eccesso di un particolare tipo di tumore (“Schwannoma”) nei ratti maschi, ma non nei ratti femmine e nei topi. Si tratta di un tipo di tumore altrimenti assai raro, e l’uguaglianza dei risultati in studi indipendenti fa ritenere che non si tratti di osservazioni causali. Ovviamente, si tratta di capire per quale motivo l’effetto si è verificato soltanto nei maschi e soltanto nei ratti. Ma, nuovamente, è assai imprudente ignorare questa osservazione nel momento in cui si definisce una strategia di prevenzione. (…) Si tratta ora di decidere se, nel frattempo, è meglio stare con le mani in mano oppure agire con quello che sappiamo nel 2019. La strategia di ICNIRP e dell’Istituto superiore di Sanità sembra essere basata sul criterio “nel dubbio astieniti”, contrario alla massima di segno opposto (“nel dubbio, se fondato, agisci”), alla base del principio di precauzione.
A me sembrano considerazioni serissime, non da rettiliano. Grazie
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5.5] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Corrado R.
Entro in ritardo nel dibattito, ma in queste settimane ( pur essendo in quiescenza ) sono stato impegnatissimo nel mio ruolo di medico del lavoro di molte aziende pubbliche e private soprattutto in relazione alla fase-2.
Personalmente, avendo alle spalle 40 anni di sanità pubblica e varie specializzazioni fra le quali quella in igiene e medicina preventiva e in medicina del lavoro, mi considero un professionista razionale, cresciuto nell’ambito della cultura scientifica occidentale e che ha lavorato sempre nell’area della prevenzione. Non ho posizioni culturali estreme, infatti non sono socio dell’ ISDE ( associazione dei medici per l’ambiente ) che considero un po’ troppo ‘radicale’ e non condivido le posizioni anch’esse estreme dell’associazione italiana elettrosensibili.
Non mi considero neanche un ‘ complottista’ e ho fatto campagne nelle scuole contro le bufale sui vaccini. Se dovessimo però riandare un po’ indietro nella storia ci troveremmo di fronte come ha ricordato Assunta a entusiastiche lodi ( anche da parte di autorevolissime personalità del mondo medico-scientifico ) sulle virtù dell’amianto; per non parlare del poco conosciuto dr. Semmelweiss che nel secolo XIX fu radiato dall’ Ordine dei Medici di Vienna ( finendo quindi in manicomio ) perchè aveva ipotizzato che le setticemie gravissime che facevano stragi di puerpere derivassero dall’abitudine dei medici di visitare le donne senza lavarsi le mani dopo aver effettuato autopsie a mani nude.
Ho partecipato con Assunta ( persona che stimo per intelligenza e cultura ) qualche anno fa a un evento realizzato dal Comune di Casale Monferrato sui problemi relativi ai rischi del WI-FI e dell’ avvento del 5 G e ho condiviso le sue perplessità sulle ancore insufficienti evidenze medico-scientifiche riguardanti l’innocuità del 5G. In tal senso avevamo predisposto assieme una proposta indirizzata ai presidi di Casale Monferrato per organizzare degli incontri-dibattito su tale argomento. Non devo poi aggiungere nulla sul prof. Terracini, vero monumento vivente di razionalità e cultura scientifica!
Ritengo anch’io che ritardare l’avvio della rete 5G in Italia senza aver ancora acquisito altre prove basate sull’evidenza scientifica ( prove in vitro, sugli animali, dati statistici ed epidemiologici su coorti di popolazioni esposte in altre aree geografiche del mondo al 5G, etc. ) non sia così grave e così devastante per la nostra economia. Sarà poi compito della ( vera ) Politica assumere decisioni che dovranno per forza di cose essere espresse alla luce di una corretta valutazione rischi/benefici accettando anche ( nel caso di una decisione favorevole, come si fa in qualsiasi caso di valutazione di impatto di grandi opere, nuove tecnologie, nuovi farmaci, etc. ) una minima percentuale di rischio nella ‘pesatura’ e nella valutazione di una tecnologia che si appresta a diventare diffusa e pervasiva.
Grazie e un carissimo saluto a tutti.
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5.6] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Vittorio G.
Caro Stefano P., prima di toglierti dalla mailing list dei soci del Circolo Verdeblu di Legambiente, cosa che farò malvolentieri ma assecondando la tua esplicita richiesta, è necessario che io ti esprima la mia opinione.
Non entro nel merito del problema cui ti riferisci: il 5 G. D’altronde non lo fai neppure tu.
Ma consentimi una brevissima introduzione per contestualizzare la polemica a vantaggio dei soci che ci seguono..
Dopo il webinar di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta che ha visto la presenza della responsabile nazionale del settore, Katiuscia Eroe, webinar al quale non so se tu hai partecipato, sulla nostra mail è nata una discussione nel merito delle cose espresse dalla rappresentante di Legambiente nazionale. E’ giusto che i nostri soci sappiano: non è la prima volta che discutiamo di questo argomento e non sarà nemmeno l’ultima.
L’abbiamo fatto più di un anno fa in un incontro promosso dalla giunta Palazzetti (di cui allego il resoconto), lo facciamo nelle assemblea promosse da comitati di cittadini e sindaci (Casorzo, ad esempio). Tra di noi ci sono posizioni diverse ma tutte, e ripeto tutte, assolutamente non assimilabili a quelle dei “rettiliani”, epiteto con il quale “simpaticamente” definisci l’associazione di cui tu (ovviamente non “rettiliano”) hai fatto parte fino all’anno scorso. Tutte le nostre posizioni si basano su approfondite ricerche scientifiche che possono e devono essere ovviamente messe in discussione e verificate. Quando dobbiamo assumere una posizione lo facciamo con un approccio scientifico e assolutamente non “complottista”. L’abbiamo fatto dalla nostra battaglia contro il nucleare (negli anni ’80) fino ad oggi (compreso il nostro punto di vista contro il DTT, che ci ha visti anche in disaccordo al nostro interno, ma nessuno si è sognato di insultare chi non la pensava allo stesso modo).
E vengo alla questione di metodo.
- Il nostro Circolo è una comunità assolutamente volontaria. Ci si può iscrivere un anno e l’anno dopo no; insomma nessuno ti obbliga a iscriverti a Legambiente. E’ una comunità democratica. Al nostro interno tutte le opinioni hanno pari dignità e ovviamente ogni socio è libero di esprimere la sua opinione purché rispettosa della Costituzione e dello Statuto di Legambiente. E’ una comunità che si basa sull’ambientalismo scientifico. Ne fa fede il nostro rapporto con le istituzioni scientifiche, le università e i centri di ricerca. La nostra associazione ha nel suo dna l’assoluto rispetto della legalità e delle istituzioni democratiche nate dalla Resistenza.
- In una comunità come la nostra a mio parere le regole che ci devono guidare sono: ascolto degli altri, argomentazione delle proprie opinioni, partecipazione alla vita associativa secondo le proprie possibilità e le proprie sensibilità, rispetto degli altri soci, senso di responsabilità.
Queste regole a mio giudizio devono valere per tutti, dai dirigenti ai soci, e in tutti i luoghi di discussione virtuali (chat, mail, sito,…) e fisici (riunioni, assemblee, …).
Detto questo ti chiedo di continuare a rimanere iscritto a Legambiente e ti chiedo di aiutarci con le tue competenze ad affrontare le questioni che ci si presenteranno da qui in avanti.
Se è vero che dopo la pandemia la vita non potrà più essere come prima, cominciamo da noi a renderla migliore…
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5.7] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Bruno P.
Concordo con gli (ultimi) interventi di Vittorio, Corrado e Valentino…
Pur rimarcando la mia impreparazione tecnica/scientifica in materia, ma facendo appello al buon senso, tenendo conto delle riserve e richieste espresse da voci molto importanti e ben conosciute della scienza (già citate precedentemente e giustamente dall’Assunta e comunque assolutamente al di fuori di eventuali conflitti d’interesse), ribadirei che mi pare saggio e nell’interesse del bene comune, richiedere le dovute precauzioni e quindi ottenere le valutazioni scientifiche necessarie in base alle quali poter assumere posizioni e decisioni, appunto, senza pregiudizi.
La lunghissima e, credo si possa dire, lungimirante lotta all’amianto nel nostro territorio (come già citato), è stata proprio un esempio della saldatura fra le posizioni della scienza(ripeto : autonoma da conflitti d’interesse e da pregiudizi) e l’azione sociale dettata dalla esperienza “sul campo” e dunque dalla scelta primaria della difesa e dell’affermazione del bene comune- salute e ambiente.
Ovviamente anche per me, discussioni di questo genere ritengo indispensabile che non siano condotte da tifosi ultrà ne con atteggiamenti irrispettosi…e magari, perché no ?, si concludano che va tutto bene così, ma nel rispetto del diritto generale di cercare e conoscere la verità…
Tanto è vero che avevo già risposto anche con una mail (forse inavvertitamente non indirizzata a tutto il gruppo) chiedendo se la mail di “ste pac”, che, per miei limiti, non avevo riconosciuta, si trattasse di uno scherzo.
Questo poiché credo che a tenerci assieme, nella nostra associazione, sia l’azione per la tutela del bene comune-ambiente/salute.
Mi piacerebbe molto anche a me che le dimissioni annunciate (2 e per motivi diversi fra loro) , non fossero mai state presentate, proprio per la stima e apprezzamento che anch’io ho maturato nei confronti dei dimissionari stessi.
Forza, andiamo avanti che la strada è ancora lunga!
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5.8] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Enrico B.
Dopo un breve periodo di black out mail mi ritrovo una lunga serie di comunicazioni.
Premesso che in questi 3 / 4giorni in cui non ho aperto la casella postale ho continuato a vivere bene, solo ora leggo le considerazioni di Valentino sulle precedenti osservazioni di Assunta. E leggo anche con dispiacere il giudizio tranciante di Stefano che, sorretto da un incrollabile fede accusa chiunque abbia dei dubbi di visionaria stupidità. Mi dispiace per lui.
Forse Valentino esagera nel suo sospetto di involuzione di Legambiente nella direzione di adeguamento del pensiero unico del primato inevitabile dello sviluppo a tutti i costi.
E forse le considerazioni della ero e sono solo dovute ad una sua personale superficialità. Certo è che questa signora che ho potuto ascoltare nel primo collegamento web cui le mie scarse competenze tecnologiche mi hanno permesso di partecipare, quello sulle biomasse, ha dimostrato una totale impreparazione, non riuscendo a rispondere ad una sola delle domande emerse nel corso del dibattito. Che per un conduttore e cosa abbastanza grave. Per fortuna altri partecipanti hanno dimostrato maggior preparazione chiarendo molti dubbi. Con la speranza di poterci vedere presto limitando l’uso di questa tecnologia
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5.9] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
L’osservazione di Enrico circa le esagerazioni che egli nota nei miei commenti mi è doppiamente gradita.
Come altre volte sono indotto a rivalutare criticamente alcune mie posizioni ma, questa volta in più, colgo l’occasione di azzardare una sorta di discorso sul metodo (spero che l’anima di Cartesio compatirà un urologo in pensione!).
Sappiamo infatti che solo tra un bel po’ sarà chiaro dove sta andando Legambiente (meglio: dove stava andando negli anni Venti del nostro secolo); a noi contemporanei è solo concesso di individuare alcune linee di tendenza ma non di prevedere quale finirà per imporsi.
Un nostro compito non secondario sarà allora quello di mettere in risalto (magari esagerando per comprenderli meglio) gli orientamenti che si presentano nel divenire dell’associazione per poi, conseguentemente, assecondare quelli coerenti e contrastare gli altri che consideriamo contradditori; tutto ovviamente sulla base di approfondite e discusse valutazioni.
Venendo ora al merito di quello che accade, trovo – e mi ripeto – che sempre più si vada affermando in Legambiente una declinazione tecno ambientalista se anche dalle recenti riunioni webinar appare un’attenzione verso le innovazioni tecnologiche subite che si riduce alla sola valutazione del rapporto rischi/benefici.
Questa sacrosanta considerazione si limita però al dato quantitativo (certamente il rapporto deve essere molto, ma molto minore di 1) ma resta del tutto inespresso il giudizio qualitativo sui benefici promessi: è così sicuro che la telemedicina, il telelavoro, le auto senza guidatore… cioè i “magnifici” frutti del 5G siano innanzitutto e per lo più un reale vantaggio per la specie umana?
Queste ennesime mie considerazioni non pongono certamente in discussione né l’intelligenza né la competenza tecnico-scientifica della nostra responsabile all’energia; quello che piuttosto mi preme sottolineare è la carenza intellettuale di una visione generale che mi sembra caratterizzare al presente (non so se) tutta la dirigenza dell’associazione.
Ma spero di sbagliarmi e di stare solo esagerando.
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5.10] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Assunta P.
Riprendo il discorso suggerendo due proposte da discutere (spero in presenza e non virtualmente: non ne posso più di webinar e simili)
Stanno (troppo lentamente) prendendo forma le linee di indirizzo per la scuola che saranno applicate dal prossimo anno scolastico: è prevedibile che la didattica a distanza sarà ancora indicata come metodo non più unico, come in questo momento, ma sicuramente complementare. Perché non pensiamo a realizzare iniziative di informazione, rivolte a studenti e docenti, su come minimizzare l’esposizione alle onde elettromagnetiche in casa e a scuola? Ridurre l’esposizione di migliaia di ragazzi che usano il computer ore ed ore al giorno per studiare, parlare con gli amici, giocare, informarsi, scaricare e poi vedere film ecc. mi sembra importante. Gli interventi nelle scuole che avevamo pensato Corrado Rendo ed io sarebbero ugualmente significativi, ma nella migliore delle ipotesi arriverebbero ad anno scolastico inoltrato, quindi non sarebbero tempestivi. E saranno da ripensare comunque perché pensati come interventi in Aula Magna, con studenti ammassati.
Qui il link alle richieste dell’Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici: lascia capire con chiarezza che la didattica si orienterà sempre più sulle lezioni a distanza, per cui la preoccupazione maggiore è per le dotazioni tecnologiche di cui ogni studente dovrà essere dotato. (parentesi personale: che felicità essere in pensione!)
Il secondo aspetto è più controverso. Ho letto con attenzione l’intervento di Godio sull’importanza di chiedere ai Comuni un piano di localizzazione che renda minima l’esposizione ai campi elettromagnetici provocati dall’utilizzo della nuova tecnologia 5G. Da quello che so, mi pare un’impresa impossibile. Ho letto che il 5G prevede un’antenna ogni 10,12 metri, più in particolare sono previste 800 microcelle per Km2 in prossimità di abitazioni, luoghi di lavoro e di ritrovo. Se è così, le antenne saranno dappertutto. Inoltre i ventimila satelliti che le multinazionali hanno incominciato a lanciare in orbita di recente copriranno la superficie terrestre di segnale indipendentemente dalla nostra volontà. Ho letto che l’esposizione oggi è un quintilione (cioè un miliardo di miliardi) di volte superiore al fondo naturale elettromagnetico pulsato nel quale vivevamo pochi decenni fa. Se non è vero, ringrazio chi smentisce, dati alla mano.
Qui il link ad un articolo che trovo interessante. I commenti successivi troveranno l’approvazione di StePac, se legge ancora!
Non so dire quanto mi dispiace leggere che il gruppo fascista Vox appoggiandosi all’avvocato Costanzo ha presentato richiesta al comune di Casale perché blocchi l’installazione delle antenne per il 5G in città. L’idea di essere d’accordo con certe persone mi turba, la possibilità di partecipare a eventuali incontri o iniziative mi respinge, ma, detto questo, visto che penso che questa sia una battaglia giusta, non mi piace l’idea di tirarmi indietro e lasciarla combattere a loro.
Un’ultima considerazione sulle riflessioni di Valentino, che condivido in pieno, rispetto alla posizione ufficiale di Legambiente. Sull’ultimo numero della Nuova Ecologia, ho letto un’intervista ad una responsabile di Fastweb: il tono è molto elogiativo, non si solleva il minimo rilievo su possibili limiti, rischi o problemi in generale. La cosa mi ha disturbato un po’, così come la scarsissima attenzione a questo tema negli anni passati (se c’è stata, me la sono persa, e ringrazio chi mi darà indicazioni su come trovare informazioni). Al di là dei limiti di legge alle emissioni, dell’opportunità di ridurre i rischi, della distribuzione delle antenne, un dibattito approfondito sulle pagine del mensile sul senso delle innovazioni possibili col 5G mi sembrerebbe doveroso.
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5.11] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Valentino F.
“There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy.”
William Shakespeare, Amleto.
Capisco lo sconcerto, il quasi-fastidio di Assunta di fronte alla presa di posizione di Vox circa la questione del 5G.
Lo stesso straniamento prende anche me, ma cercherò di spiegare perché non lo condivido fino in fondo.
Ma come è possibile – ci chiediamo – un simile paradosso: che un nemico dichiarato della Democrazia indichi degli obiettivi di lotta che sono uguali a quelli che indichiamo noi che, pur con non pochi se e con non pochi ma, a questa Democrazia decadente non rinunciamo?
Proviamo allora a considerare le cose più da vicino per vedere se tale bizzarria non risulti invece solo apparente e facilmente risolvibile, pur rimanendo irrimediabilmente non componibile sul versante culturale e politico.
Credo infatti che il tutto nasca dall’assetto istituzionale della società capitalistica che ha prodotto e mantiene due antagonismi contrapposti; da un lato essi sono accomunati dallo stesso rifiuto radicale della società esistente (quella fondata dal potere del capitale; o del mercato se si preferisce), dall’altro si differenziano irriducibilmente nel progetti di come uscirne.
Gli uni, i reazionari, vagheggiano il ritorno a una immaginata età dell’oro nella quale l’intera umanità viveva coesa nel valore fondante di diopatriafamiglia, gli altri, i progressisti, profetizzano una società finalmente e definitivamente pacificata dopo la vittoriosa lotta che abolirà per sempre le classi sociali.
Le due visioni della futura umanità sono dunque inconciliabili ma non è strano che, nella materialità della lotta politica, il rifiuto del presente si concretizzi in obiettivi e in linguaggi del tutto uguali, assodato che il nemico radicale è pur sempre lo stesso.
Quello che vale la pena di ricordare, in risposta al giusto turbamento di Assunta, è che in tale confusione ci siamo già imbattuti nel nostro recente passato.
Si era trattato allora di contrastare le prime fasi del progressivo smantellamento del nostro ospedale e, di conseguenza, ci eravamo costituiti in Comitato per la difesa del Santo Spirito.
Di esso si erano fatti promotori cattolici progressisti ed esodati vari della sinistra; a esso però partecipava attivamente e senza particolare scandalo anche l’avvocato Costanzo che già esplicitamente era un componente di riferimento della destra sociale a Casale.
Stranamente (?) ci trovavamo spesso concordi su analisi e iniziative; poi la cosa finì in niente come suole succedere quando si muove la cosiddetta società civile: una raccolta di firme, una fiaccolata e tanti saluti.
Ora mi pare che la questione ambientale riproponga una situazione analoga.
E quindi che fare?
Parlarne tra noi con mente sgombra da riflessi condizionati dal momento che la realtà è più complessa, più complicata, più contraddittoria e, insomma, più incasinata di quello che ci aspetteremmo.
Almeno io la penso così.
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5.12] Ancora sul webinar di Legambiente Piemonte e V. d’A. sul 5 G di Enrico B.
Assunta e Valentino, oltre al problema del 5G sollevano un tema generale, quello dell’antagonismo di destra rispetto alla società globalizzata dei consumi su cui è importante ed urgente ragionare.
All’opposizione al 5G di Costanzo aggiungo la forte presa di posizione di Patrizia Guaschino, sua moglie, contro la prassi di AMC di tagliare la fornitura di servizi essenziali a clienti morosi.
Sono temi che non possono essere trascurati da chi persegue, al di là di ogni ideologia, la giustizia sociale, come in qualche misura fa da anni la parte sinistra dello schieramento politico. Con il risultato che sempre più le classi svantaggiate votano la destra, quella ben più pericolosa di Vox, tutt’altro che antagonista a questo modello di sviluppo, ma estremamente cinica nel appellarsi al popolo contro i poteri forti, di cui in realtà tutela gli interessi. L’unico modo per battere questa destra è fare nostre queste giuste battaglie, anche condividendole con la destra radicale, ben sapendo che la loro ricetta per uscirne, il sovranismo prima ancora che Dio Patria e Famiglia, è profondamente sbagliata perché non si può salvare l’Italia o il Monferrato se non si salva il mondo.